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Vendere e affittare casa: agibilità e sanatoria

Spesso non ci si pone il problema dell'agibilità di un immobile finché il notaio non ci chiama per chiedercene copia. Da lì partono mille telefonate ad amici e parenti per capire cos'è e perché è così importante.

Il certificato di agibilità (Dpr 380/2001) attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente.
Solitamente per le nuove costruzioni non ci sono problemi, ma per immobili più vecchi la compravendita si rivela spesso il momento delle “grandi scoperte”.

Diciamo subito quando non serve l'agibilità. Devono verificarsi insieme queste condizioni:
- l'immobile è stato costruito prima del 1967
- lo stato di fatto dell'immobile corrisponde all'ultimo stato autorizzato (anteriore al 1967)
- non sono state eseguite opere dopo il 1967

Diversamente, serve l'agibilità!
L’art. 25 del Dpr 380/2001 prevede che l’interessato possa presentare al Comune una dichiarazione, redatta da un professionista abilitato, con la quale si attestano la conformità dell’edificio all'ultimo stato autorizzato e la sua agibilità, corredata dalla seguente documentazione:
- accatastamento dell'immobile;
- dichiarazione dell'impresa installatrice/revisionatrice che attesta la conformità degli impianti installati alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico valutate secondo la normativa vigente.
Importante: questa dichiarazione, che deve essere redatta da un professionista (architetto, ingegnere o geometra), è fattibile se gli impianti sono a norma e quindi certificabili e se, soprattutto, non sono state fatte in passato opere edili senza titolo abilitativo.

 

E' fondamertale, per poter richiedere l'agibilità, verificare la corrispondenza fra stato di fatto dell'immobile e ultimo stato autorizzato. Ovvero, in soldoni, i mattoni devono corrispondere alla carta.

Se così non fosse è necessario ricorrere ad una procedura amministrativa che ci permetta di sanare la situazione prima di ricgiedere l'agibilità.

Vediamo innanzitutto da cosa può nascere il sospetto che le cose non siano a posto:

-        la planimetria catastale non combacia con l'immobile allo stato attuale

-        abbiamo notizie che il nonno/il cugino/lo zio (la casistica può essere infinita) aveva fatto in passato dei lavori di “ristrutturazione” ma non erano stati interpellati tecnici.

Se ci troviamo col sospetto che l'immobile sia da “sanare” allora bisognerà chiamare un tecnico (architetto, ingegnere o geometra) che, dopo un'accurata ricerca identifichi l'ultimo stato autorizzato depositato in comune e di conseguenza rediga la sanatoria edilizia.

Il più delle volte la sanatoria edilizia consiste in un'autorizzazione edilizia “tardiva” (ovvero ad opere già eseguite) e in una successiva richiesta di agibilità con relativo riaccatastamento dell'immobile. Tale procedura comporta sempre il pagamento di una sanzione amministrativa. Il caso più comune è quello della CILA/SCIA in sanatoria.

 

Bisogna però aggiungere che può anche capitare che l'immobile così com'è non sia sanabile. Questo accade quando una ristrutturazione non autorizzata ha portato ad una stato di fatto dell'immobile che non risponde ai requisiti attuali di legge (dimensioni, rapporti aeroilluminanti, impianti etc.). In questo caso non basterà più una sanatoria “amministrativa” ma dovranno essere eseguite anche opere edili tali da portare l'immobile ad uno stato sanabile.

 

geom. Alessandro Boffelli

www.uppi-pavia.it

www.studio111.it

 

 

 

 

 



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